GUIDA VINI
Asprino, Cagnina, Girò, Oseleta. Sono alcune delle uve rare da cui nascono grandi bianchi e rossi.
Da abbinare a carni saporite o a delicati dessert. Per gustare la vera tradizione.
Rari e antichi vitigni da salvare
In Italia sono tra 1500 e 2000, cifra variabile, poiché non tutti sono catalogati. Sono autoctoni, crescono da secoli solo in zone circoscritte o sono stati importati nell’antichità. Sono i vitigni minori (alcuni vantano parenti famosi come Malvasia o Refosco), da cui producono vini interessanti.
Le loro uve, per poter essere vinificate, devono essere autorizzate o raccomandate dalle singole Regioni. Le qualità di questi rari frutti sono tutelate dal “Movimento per la salvaguardia e la valorizzazione dei vitigni autoctoni italiani”, anche se, circa 100 vitigni autoctoni, il 90% della produzione, non hanno necessità di essere protetti perché coltivati su migliaia di ettari.
Nel Piacentino va segnalata la Malvasia Rosa, perché è unica. In Italia esistono 16 Malvasie, a bacca bianca o nera, ma nessuna rosa; questa rappresenta una mutazione genetica della Malvasia di Candia aromatica, ed è stata isolata nella Val Nure nel 1967. È una varietà locale eccezionale, protetta con il nome di Rosa di Vigna da Luigi Mossi. Il vino è un passito rosato intenso, con profumi e sapori che ricordano i fiori di campo e i frutti canditi. Si serve dopo pasto senza accompagnamento oppure abbinata a “biscotti secchi” o “panna cotta con salsa di lamponi”.
Nella Valpolicella ci sono vitigni che sono stati valorizzati dall’Azienda Agricola Masi. In particolare l’uva Oseleta era stata praticamente abbandonata a causa della scarsa produttività. Oggi costituisce la base dell’Osar, un vino rosso di salda struttura adatto ad accompagnare carni saporite come “l’ossobuco di manzo in umido” lo “stracotto d’asino” o lo ”spezzatino di cinghiale”.
In Liguria un vitigno da prendere in considerazione è il Bosco. Qui la Cooperativa Agricola di Riomaggiore produce il Cinque Terre utilizzando il 60% di uve Bosco. È un vino bianco con lievi sentori di fiori di sambuco e camomilla, dotato di buon corpo, con caratteristico fondo salmastro. Abbinamento con il “carpaccio di pesce spada”.
In Friuli è stato salvato dall’estinzione lo Schioppettino o Ribolla nera. Non essendo né autorizzato né raccomandato non si poteva produrre. Sfidando la legge, nel 1976 la Ronchi di Cialla di Prepotto, con il proprio Schioppettino partecipò al concorso Risit d’Aur (Barbatelle d’oro) organizzato dalla Nonnino per la rivalutazione dei vitigni friulani autoctoni e dei relativi vini, vincendolo. Oggi il vino è diventato Doc. in particolare il Colli Orientali del Friuli Cialla Schioppettino è un vino rosso rubino con profumi vegetali e di sottobosco e sapore vellutato con sentori di spezie (pepe). Si serve in abbinamento a “pappardelle al sugo di fagiano” con la “faraona” e con il “filetto di manzo in salsa di vino rosso”.
In Romagna un vino poco prodotto è la Cagnina, rosso dolce ottenuto da uve Terrano N. La Cagnina di Romagna dell’Azienda Agricola Marabini è dolce, con possibili ricordi di marasca, ribes e lampone. Accompagna “macedonie di frutta”,” crostate alla confettura” e “torta di riso”.
Scendendo nelle Marche s’incontra il vitigno Lacrima, così chiamato perché a maturazione la buccia degli acini si fende lascia gocciolare (lacrimare) il succo. Questo vitigno autoctono si trova solo in una zona circoscritta, costituita da pochi comuni tra i quali Morro d’Alba; e da vita a una piccola produzione di Lacrima di Morro d’Alba. Uno storico interprete di questo vino è Stefano Mancinelli che lo produce asciutto, sapido con una buona corposità tendente al morbido: accompagna piatti come il “tacchino ripieno di marroni”, “arrosto di maiale con composta di mele”, “scaloppa di cervo con salsa ai mirtilli”.
Nel Lazio va ricordato il Cesanese d’Affile, vitigno dalle origini incerte, con cui si produce il Cesanese del Piglio. Quello della Cantina Sociale Cesanese del Piglio è un vino rosso con possibili profumi di violetta, di spezie e sottobosco; il sapore è secco, asciutto, morbido, leggermente amarognolo. Con giusta nota tannica. Si serve con “lasagne al forno”, “bolliti misti” “coda alla vaccinara”.
In Campania, invece, nell’Agro Aversano, è prodotto l’Asprino con l’omonimo vitigno allevato come al tempo degli Etruschi con viti che si arrampicano “maritate” al pioppo. Da segnalar l’Asprino d’Aversa delle Cantine Grotta del Sole, bianco, fruttato, secco, fresco; adatto ad accompagnare “carpaccio di pesce” “spaghetti alle vongole” “sogliola al vino bianco”.
Nelle isole vanno ricordati il Frappato di Vittoria e, in Sardegna, il Girò di Cagliari, piccola produzione. Il primo è prodotto in purezza dalla cantina Avide, e genera l’Herea Rosso Sicilia, intenso, generoso, adatto ad accompagnare “carni rosse in umido” “formaggi saporiti” “involtino di manzo in umido”.
Il Girò di Cagliari linea donna Jolanda della Meloni Vini è un rosso con profumo delicato e leggero, aroma di uva, sapore dolce, caldo e vellutato; accompagna “fragole al vino rosso “,“bavarese ai frutti di bosco”, “dolci di marzapane”.
E infine la Valle d’Aosta; tra le tante eccellenze offerte dalla regione, i vini costituiscono un’opportunità da non mancare, non solo per l’alta qualità della selezione, ma anche per la loro particolarità. Terra di mezzo tra i due principali produttori mondiali di vino, Italia e Francia, la Valle d’Aosta ha acquisito infatti l’esperienza e la capacità produttiva dei due importanti vicini, ma ha sviluppato una cultura enoica assolutamente autonoma, fondata su un patrimonio unico di vitigni autoctoni. Sono ben tredici le uve originarie di questo piccolo ma pregiato terroir, a volte strappato ai pendii più impervi, altre volte caratterizzato da condizioni di allevamento estreme, per temperatura e altitudine.
Solo una di queste varietà, il Prié Blanc, è a bacca bianca, mentre tutte le altre sono rosse: Bonda (coltivato in antichi vigneti tra Chatillon e Quart), Cornalin (che concorre alla produzione di alcuni tra i più grandi rossi della doc), Crovassa (rarissimo vitigno, allevato nei comuni di Issogne e Donnas), Fumin (rustica uva coltivata in Centro Valle), Mayolet (a maturazione precoce, è una delle più recenti riscoperte enologiche), Ner d’Ala (coltivato soprattutto in Bassa Valle, tra Arnad e Montjovet), Neyret (dai caratteristici acini di colore quasi nero, coltivato tra Arnad e Montjovet), Petit Rouge (il più diffuso e coltivato di tutta la Valle), Premetta (antico vitigno che dà un rosato naturale), Roussin (uva a maturazione tardiva, che richiede terreni ben esposti), Vien de Nus (apprezzato già dal tempo dei Romani), Vuillermin (varietà rara, che dà un vino strutturato e adatto all’invecchiamento). Di questi non fornisco i produttori ma vi invito a venire ad assaggiarli in Valle d’Aosta.