Inseguendo una farfalla gialla risvegliata dall’aria tiepida

Mag 16, 2022

Si è presentata su un albero del giardino di buon mattino e, saltellando di ramo in ramo prudente ma determinata, si è infine posata sulla casetta nido.
Mi ha ricordato, la ballerina, una di quelle signore alla ricerca di una nuova casa che, dopo un’estenuante e deludente sequela di visite, hanno finalmente trovato l’appartamento che sembra fare al caso loro e lo passano attentamente in rassegna per essere sicure che tutto, ma proprio tutto sia come di deve: è abbastanza spazioso? Il pavimento è solido? Porte e finestre chiudono bene o lasciano passare qualche spiffero? Con la stessa aria di scrupolosa efficienza, la ballerina esplora il tetto della casetta, assestando qua e la qualche colpo di becco quasi a saggiarne la robustezza, poi si aggrappa al foro di entrata, e anche questo lo becchetta rapida, e infine scompare all’interno. Dopo qualche minuto, la vedo affacciarsi e, data un’ultima occhiata all’intorno, volare via nel primo sole. Chissà se ha trovato il nido di suo gradimento. È stata furtiva e silenziosa la ballerina, mentre i suoi compagni con le ali, già in queste prime ore del giorno ce la mettono tutta per farsi notare e sentire. Chi, come il merlo, lancia il suo canto dalla cima del ciliegio, chi più discreto gorgheggia dal folto dei cespugli: una vera polifonia di uccelli vari che si danno la voce.
Insomma è proprio primavera.

Come ogni mattina, insieme a Tabata, vado a salutare il mio giovane giardino. Il ciliegio giapponese è una nuvola di fiorellini rosa cipria: sono in fiore anche il pesco, l’albicocco, e il prugno. Si stanno aprendo i fiori di un viburno che sanno di garofano e continuano ostinati a sbocciare quelli dell’altro, che quest’anno hanno cominciato a sbocciare già a febbraio, e mi facevano una grande tenerezza quegli stecchi nudi costellati di bocciolini rossastri, simili ad adolescenti secchi e allampanati tutti fioriti di brufoli.
Mi accorgo che nel mio giro mi accompagna anche una farfalla di un bel giallo limone luminoso. Tabata che mi segue sempre non appena metto piede fuori casa, ha adocchiato quell’oggetto misterioso che volteggia nell’aria e si esibisce in salti nel tentativo di acchiapparla: vuoi vedere che la povera farfalla è sopravvissuta al gelo, al vento e alle beccate di uccello per finire in bocca a un cane? Per fortuna la monella si stanca subito e si allontana seguendo una lucertola che si è rifugiata tra il cespuglio di rosmarino.

Prima di andare a recuperare i bidoni della carta svuotati la sera precedente decido di fare il giro più lungo e punto verso il bosco di Entrebin che riluce di un verde nuovo, vibrante dei giovani amenti delle piante, steli esili eppure arditi e tenere foglioline di tanti alberi e arbusti di cui non conosco il nome.
A ogni svolta il sentiero riserva sorprese: ecco le primule di un giallo tenue così abile nel riflettere la luce da sembrare fosforescente; da un tappeto di edera spuntano macchie di fiorellini di un indefinibile colore tra il pervinca e il viola; nella radura erbosa sopra il bosco, pratoline, celesti “occhi della Madonna” e muscari allineati come tanti soldatini con l’elmo blu.
Com’è abile la natura a mescolare forme e inventare accostamenti di colore così arditi che nessun designer oserebbe proporre, ma che nella sua tavolozza sono di un’armonia perfetta.
Mentre assorta nei miei pensieri mi lascio alle spalle il bosco, nel pratone, in discesa, u cui sto per incamminarmi vedo irrompere due lepri in corsa sfrenata.
Il rintocco delle campane che su ad Excenex battono l’ora mi riporta verso casa sotto un sole nascente che pare già quasi estivo.
E così mi dimentico di passare a ritirare il bidone della carta, pazienza passerò più tardi.

 

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