Un prato fiorito. Anzi una preteria, corolle multicolori che ondeggiano come farfalle sull’erba. Mentre le farfalle, quelle vere, passano da un fiore all’altro e una miriade d’insetti dalle forme più disparate si affanna attorno. Una visione che sovrapponevo a quella mezzaluna di terra ed erba schiacciata davanti l’ingresso di casa, chiedendomi se ci sarei mai riuscita. Paolo mi ripeteva che senza un diserbo non ci sarei mai riuscita, che l’effetto che volevo era difficile da ottenere. Quando a maggio abbiamo seminato non avrei mai pensato che il sogno si realizzasse. Eppure eccolo il mio spicchio di prato fiorito, bello come lo volevo. Questa volta è proprio la fortuna dei principianti (oltre alla diligente fatica di preparare per bene il terre no).
Una stagione di temporali continui, il tempo utile passava così ho comprato tre scatole di miscugli per favorire la biodiversità e un sacco di prati rustici. Poi continuavo ad aggiungere tutte le bustine trovate in giro, come nella pentola di Maga Magò. Quando ho visto tutti quei semi insieme in una grande latta ho pensato che la vita è così all’inizio, solo una promessa. Poi in quindi giorni è nato, ogni momento andavo a spiare la crescita ben annaffiata dal tempo inclemente di sera e dal sole di giorno. Ora il mio personale spicchio di prateria è li punteggiato di papaveri, e fiordalisi e pieno da quelle che comunemente chiamiamo margherite, dalla camomilla. Tani fiori e ancora di più. Da capogiro. La rete serve a tenere Tabata al di fuori altrimenti penserà bene di apportare il suo tocco personale. Però così non mi piace voglio vederlo pulito dagli orpelli umani e pazienza se durerà poco e perderò il mio caleidoscopio di colori. Sulla scatola promettevano due anni di fioritura, chissà. Aspetterò che il prato vada a seme poi taglierò lasciando il trinciato sul posto. Una copertina d’erba per i semi, per attraversare l’inverno. E poi tornerà l’estate.